Coronavirus: ecco come Anffas Firenze ha gestito l'emergenza

Il Coronavirus ci è piombato addosso imprevisto e inaspettato e ci ha costretti ad una nuova modalità di vita: Anffas Firenze ha dovuto rimodulare tutte le sue attività vista anche la particolare condizione di gestire, oltre ad un centro diurno, tre comunità alloggio. Questa complessa riorganizzazione si è resa necessaria a seguito delle sofferte decisioni, dapprima da parte delle direzioni aziendali Usl di area vasta e successivamente da parte della Regione Toscana, sulla chiusura dei centri diurni.

La chiusura dei centri diurni
- Non appena è stata decretata la chiusura ci siamo subito attivati per garantire il massimo della qualità del servizio, minimizzando i rischi e venendo incontro alle esigenze degli ospiti e degli operatori.

Le tre comunità alloggio - La situazione poteva essere critica: rimanevano da gestire tre comunità alloggio che, abitualmente, funzionano soltanto nei periodi serali/notturni e festivi, in quanto i loro ospiti sono normalmente accolti nel centro diurno durante tutto l’arco della giornata.

D’altro canto il centro diurno era stato chiuso da ordinanza regionale, per evitare sia l’assembramento di persone che il via-vai dei mezzi di trasporto, con rischio di diffusione del virus.
La soluzione adottata è stata quella di mantenere aperti gli spazi e mantenere in servizio parte degli operatori; è stata preservata però la divisione delle comunità alloggio, relativamente ai locali di soggiorno e di refettorio, al personale esclusivamente dedicato a ciascuna delle tre unità, ai percorsi interni.

In un primo momento la comunità di Via del Gelsomino continuava ad essere trasportata in via Bolognese, con due pulmini grandi, per mantenere le distanze di sicurezza dei passeggeri. L’aumentare del rischio ha consigliato successivamente l’isolamento totale, non particolarmente gravoso, dato che la villa che ospita quella comunità è dotata di un bel giardino interno.

La riorganizzazione delle attività - Le attività sono state ridotte a quelle praticabili mantenendo le distanze di sicurezza, ed adottando i dispositivi di protezione individuale, ma i terapisti hanno continuato ad agire per quanto possibile. In particolare uno dei fisioterapisti ha programmato un servizio di assistenza alla mobilizzazione anche per gli ospiti della comunità di via del Gelsomino.

L'assistenza psicologica telefonica - Parallelamente è stato organizzato un servizio di assistenza psicologica telefonica agli ospiti del centro diurno rimasti a casa e di assistenza sociale delle famiglie. Tale monitoraggio (del quale parliamo in un articolo a parte) ha permesso tra l'altro il recupero di uno degli ospiti del diurno che, per infortunio della madre anziana, ha dovuto essere preso in carico in comunità.

Altre iniziative allo studio - Altre iniziative sono tuttora in corso di allestimento, come ad esempio la creazione di una piattaforma di educazione/intrattenimento per via telematica, sulla base di quanto già fatto dalle scuole materne.

Il controllo sierologico - Abbiamo anche precorso la delibera regionale, che prescrive il controllo sierologico a tutti gli ospiti ed i dipendenti degli istituti simili al nostro, effettuando autonomamente un tampone in un caso sospetto paucisintomatico, che è effettivamente risultato positivo ed è stato posto in isolamento.

I risultati dello screening - Al momento dello screening regionale abbiamo identificato un solo caso positivo, anch’esso asintomatico, nel nostro personale (opportunamente posto in isolamento domiciliare); un altro caso positivo al test sierologico, tra il personale della cooperativa di servizi, è poi risultato negativo al tampone. Così pure tutti gli assistiti sono risultati negativi, sia al test sierologico che, in alcuni casi mirati, al tampone; l’ospite in isolamento è anch’esso risultato negativo al primo controllo, non ha sintomi ed è in via di guarigione totale.

Possiamo ritenerci al momento soddisfatti, ma non vincitori. La strategia adottata è risultata buona, ma abbassare la guardia potrebbe essere pericoloso.

La collaborazione con altri istituti - Un ultimo fattore, non indifferente, è la continua costante collaborazione con gli altri centri simili al nostro e con l’Associazione Nazionale. Quest’ultima infatti ha costituito un’unità di crisi, di cui fa parte anche il nostro direttore sanitario e che sta organizzando, tra le altre cose, una videoconferenza con tutti gli psicologi delle Anffas, volta a stabilire linee guida per il sostegno del personale rimasto in servizio, cui va il nostro ringraziamento per l’insostituibile lavoro, svolto con lodevole abnegazione.

 




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